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Combustibili biologici per i processi (e bruciatori) industriali

27 luglio, 2023

Per sopperire ai continui rincari delle bollette e garantire alla propria azienda un risparmio in termini energetici e, al contempo, soluzioni amiche dell'ambiente, si stanno diffondendo, anche nel settore industriale, i combustibili biologici. Ma siamo sicuri rappresentino davvero un'alternativa ai combustibili fossili? E come devono essere configurati i bruciatori, per poter garantire prestazioni ottimali ed emissioni ridotte quando vengono bruciati questi prodotti? 

INDICE DEI CONTENUTI:

 

Cosa sono i combustibili biologici

I combustibili biologici si dividono in:

  • combustibili gassosi (biogas)
  • combustibili liquidi (olii di origine vegetale)

Nel primo caso si parla di biogas per indicare una miscela di gas (prevalentemente metano, poi anidride carbonica e azoto) prodotti dalla digestione anaerobica di biomasse (ad esempio liquami zootecnici, scarti agro-forestali, rifiuti organici urbani). Utilizzando così il metano presente nel biogas, che altrimenti verrebbe rilasciato in atmosfera, si ha un notevole risparmio in termini di emissioni. 

Il biogas e il biometano (ottenuto dalla raffinazione e purificazione del biogas) sono classificati come gas rinnovabili, categoria non ufficiale ma in cui rientrano i combustibili prodotti da una materia prima a sua volta rinnovabile e in grado di ridurre le emissioni di gas climalteranti del ciclo di vita di almeno il 70% dopo la combustione, rispetto al gas naturale o a un equivalente combustibile fossile.

Per quanto riguarda gli oli biologici, invece, si tratta di oli vegetali prodotti dall'estrazione di olio dai semi di alcune piante come colza, soia, palma e mais. Da un punto di vista chimico, si tratta di una miscela di acidi grassi liberi, di- e tri- gliceridi, glicerolo, composti fosforici e cere con caratteristiche chimico-fisiche non sono fisse, ma che dipendono da una serie di variabili, tra cui la pianta di origine, le condizioni specifiche di coltura e la qualità del seme.

Entrambi questi combustibili bio costituiscono un’alternativa ai combustibili fossili oggi utilizzati per la produzione di energia termica a basso impatto, tuttavia prima di essere utilizzati nei bruciatori ci sono alcune cose da sapere.

 

È possibile utilizzare i nuovi combustibili bio nei processi industriali?

Ad oggi non ci sono normative che regolamentano dove e come avviene la produzione di combustibili biologici, quindi è difficile poter rispondere a questa domanda.

Composizione

Prima di bruciare un qualsiasi prodotto da combustione, deve esserne attentamente verificata la composizione perché è fondamentale sapere cosa contiene. Sia che si parli di gas che di olii, ci sono dei parametri minimi da rispettare che riguardano le caratteristiche generali che il combustibile deve avere per essere valutato come tale.

Non tutti i biogas vanno bene.

Quelli originati in discariche di rifiuti non possono essere utilizzati nei bruciatori industriali in quanto, a causa del contenuto di composti organici complessi di varia natura (contenenti zolfo, azoto, cloro, fluoro, etc.), possono generare prodotti di combustione tossici per la salute dell'uomo quali diossine e furani.

A titolo di esempio, anche se non si tratta di una lista esaustiva, riportiamo alcuni dei parametri indispensabili che devono avere i biogas per essere utilizzati nei bruciatori industriali:

  • ll gas deve essere secco (umidità relativa <60%) per non corrodere la rampa gas;
  • Il contenuto in metano non deve essere inferiore al 50%, per assicurare una sufficiente capacità di accensione ed un esercizio sicuro del bruciatore;
  • La qualità del gas dovrebbe mantenersi costante nel tempo. Sono ammesse delle oscillazioni inferiori al 5% dell'indice di Wobbe, tuttavia la pressione di alimentazione del gas non dovrebbe variare eccessivamente;
  • Alcuni tipi di gas biologici potrebbero richiedere l'impiego di rampe gas prive di componenti metallici non ferrosi;
  • Il contenuto complessivo dei composti solforati (p.es. H2S) nel gas deve essere < 0,1% in volume in quanto, per la loro composizione chimica, concorrono a una progressiva aggressione della rampa gas, così come i relativi prodotti di combustione (SOx) corrodono i condotti fumi;
  • Le colonie di batteri che attivano la digestione anaerobica e portano alla produzione di biogas risentono molto delle temperature quindi è fondamentale controllarne di volta in volta la composizione, che potrebbe variare tra una partita e l'altra.

Se parliamo di bio-olio, invece, è importante fare attenzione al grado di acidità. I grassi contenuti nelle piante da cui si ricava olio vegetale sono molto acidi e potrebbero interagire in maniera diversa con i metalli che compongono l'impianto di combustione.

Gli oli vegetali non sono addittivati, perciò sono maggiormente soggetti a processi d’invecchiamento, per esempio per deterioramento ossidativo, con formazione di acidi grassi liberi. Tali processi ossidativi sono favoriti dall’esposizione all'ossigeno, alla luce, al calore e dall’azione catalitica di metalli (come ferro e rame). Oltre all’incremento delle viscosità, ne risulta una formazione di residui pesanti nelle condutture e incrostazioni nelle pompe e sugli ugelli, processi che possono essere minimizzati con determinati accorgimenti in fase di configuratore del bruciatore.

Rifornimenti

Il biogas non viene distribuito in rete né venduto in bombole, ma va acquistato direttamente da chi lo produce, cioè aziende come birrifici, latterie, allevamenti o industrie di trasformazione dei prodotti agricoli, che dispongono di ampi appezzamenti di terreno e che possono utilizzare gli scarti organici derivanti dai loro processi produttivi.
 
Per molte aziende la soluzione più pratica e comoda, per evitare la movimentazione di mezzi pesanti per il trasporto del combustibile, potrebbe essere quella di installare in loco un impianto di digestione anaerobica. Ciò, però, comporta costi di acquisto dell’impianto, di gestione, di approvvigionamento della biomassa che devono essere valutati attentamente.
 
Diverso è il caso del biometano. Trattandosi di un biogas raffinato con percentuale di metano CH4 > 95%, ci sono dei passaggi in più che devono essere fatti (di raffinazione, appunto) che rendono più conveniente, per le industrie private, acquistarlo direttamente dal fornitore, piuttosto che produrlo autonomamente. Il gruppo Hera, ad esempio, si è dotato di un impianto in grado di produrlo e lo immette in rete attraverso distributori locali.

Stoccaggio

Nello stoccaggio di biocombustibili bisogna evitare temperature troppo basse dato che sussiste il rischio di separazione di paraffine.
Come contenitori fissi, in superficie o sotterranei, sono idonei serbatoi di circa 1000 litri, a parete singola o doppia, in acciaio o materiale polimerico adatto, corredati di tubi di riempimento e di sfiato, dotati di rilevatori di perdite e segnalatori di livello.

Per gli oli vegetali possono essere impiegati impianti serbatoi utilizzati per lo stoccaggio di gasolio, purché siano intatti, siano stati svuotati completamente e sottoposti ad adeguate operazioni di pulizia e rispettino alcune disposizioni:

  • Devono essere interrati o installati in cantine o altri ambienti freddi, così che le temperature di stoccaggio siano costanti e basse (ca. 5 - 10 °C);
  • Devono essere posizionati al buio e non esposti ad irraggiamento solare diretto, specialmente se si impiegano serbatoi in materiale polimerico permeabile alla luce;
  • Devono essere dotati di sistemi di prelievo a tubo singolo, per ridurre al minimo l’eventuale ingresso di ossigeno, per evitare gorgogliamenti e sciabordii nella movimentazione del biocombustibile (travasi, pompaggi etc.).
  • Devono essere posti al riparo da fenomeni meteorologici;
  • Non devono prevedere l’uso di materiali/componenti in rame o ottone per il serbatoio o parti a contatto con il combustibile.
  • Devono avere dimensioni adeguate al consumo di combustibile. La durata di stoccaggio degli oli vegetali non dovrebbe superare i 9 mesi.

Emissioni

E per quanto riguarda le emissioni? Sappiamo come siano rigide le normative a riguardo: se non sai cosa bruci come puoi sapere cosa emetti nell'atmosfera, dopo?

 

Combustibili naturali: cosa devi sapere prima di sceglierli

Stai valutando di passare al biogas per alimentare il bruciatore della tua industria? Prima di acquistare una grande partita di combustibile, assicurati che sia realmente la soluzione giusta per te.

È bene ricordare che con i combustibili di origine vegetale si ha una riduzione del 10-20% della potenzialità termica disponibile all'impianto.

Il biogas, ad esempio, ha un potere calorico molto più basso rispetto ai combustibili fossili come il metano o il GPL, quindi è necessario molto più prodotto per sviluppare la stessa quantità di calore.

Trattandosi poi di combustibili che spesso non hanno una produzione continua, è necessario abbinarli a un combustibile fossile (quindi utilizzare un bruciatore bifuel o in combustione simultanea) per assicurarsi sempre una riserva di energia. 

Nei bruciatori bifuel i combustibili sono uno alternativo all'altro, quindi il controllo è abbastanza semplice. Ma come funziona la combustione simultanea?

Se la quantità di prodotto che si ha a disposizione non è sufficiente per raggiungere la potenza necessaria o se il prodotto ha un potere calorifico, dovrò convogliare entrambi i combustibili (naturali e fossili) nella camera di miscelazione, per poter sopperire alla richiesta di energia. Sarà quindi necessario allestire il bruciatore con una doppia strumentazione e con gli adeguati componenti di sicurezza, al fine di controllare che non si verifichino miscele di gas/aria che possono incendiarsi da sole.

bruciatore-a-doppia-rampa

Facciamo qualche esempio:

Un'azienda dotata di impianto da 10MW decide di utilizzare il biogas come combustibile.

Ha a disposizione 300 m3 di biogas al giorno, che generano un potere calorifico di 5 kW/m3, pari a 1,5MW di energia.

È evidente che da solo il biogas non può sopperire al fabbisogno industriale, ma andrà integrato (per i restanti 8,5 MW) con un altro combustibile da convogliare simultaneamente nel bruciatore.

Inoltre ricorda che, proprio perché sono naturali, questi combustibili sono mutevoli nel tempo e, se presentano caratteristiche diverse rispetto a quelle che si erano prese in considerazione all'inizio, possono essere causa di intasamenti o blocchi dell'impianto che possono rivelarsi difficili e onerosi da gestire.

Nel caso, invece, l'azienda decidesse di optare per un biocombustibile liquido?

Ipotizziamo di utilizzare un olio combustibile biologico acquistato da un fornitore esterno, con potere calorifico inferiore 10kWh/kg.

Un bruciatore di 1000kW (taglia medio-piccola) consumerebbe 100kg/h: in regime H24 ciò significa 2.400kg/giorno.

Con un semirimorchio con cisterna a tre assi che ha una capacità di 41m3//38t il rifornimento dovrà quindi avvenire con cadenza quindicinale. 

Se invece venisse usato un gas minerale non ci sarebbero problemi per il reperimento sul mercato, né in termini di tempo né di quantità.

 

Quali caratteristiche deve avere il bruciatore per funzionare con i combustibili biologici?

Entrando più nello specifico e parlando di bruciatori, dato che i gas di origine biologica sono tanti e tutti molto diversi tra loro (per composizione) e non essendo ancora presente una normativa tecnica che li regolamenti, è impossibile allestire bruciatori di serie che vanno bene per tutti: ogni situazione va quindi valutata singolarmente.

In alcuni casi potrebbero essere necessari solo piccoli adattamenti, in altri invece potrebbe essere richiesto lo sviluppo di un bruciatore custom, con dotazioni speciali in grado di miscelare le 3 componenti (combustibile fossile, combustibile biologico e aria) nelle giuste proporzioni e in completa sicurezza.

Attenzione, però, che le componenti speciali potrebbero avere costi elevati e risultare quindi un investimento antieconomico.

Con questi gas speciali non è possibile utilizzare la regolazione O² né la ricircolazione dei fumi che, abbiamo visto in questo articolo, sono dotazioni importanti per rendere l'impianto ancora più efficiente e a basse emissioni.

Il tempo di vita delle caldaie, poi, potrebbe ridursi anche per effetto della formazione di composti acidi aggressivi di varia natura. È importante quindi che vengano studiati attentamente i materiali con cui sono realizzati i componenti meccanici. Con i gas speciali, come appunto quelli di origine biologica, si raccomanda quindi una maggiore frequenza di interventi di manutenzione con controlli accurati delle rampe gas.

Un bruciatore che fino a ieri utilizzava combustibili fossili non può quindi essere semplicemente "convertito" a combustibile naturale. Sono necessari test e collaudi (i prodotti Weishaupt sono testati in officina anche per 2 anni) prima di mettere in commercio un nuovo bruciatore, per individuare e risolvere tutte le possibili problematiche. E anche dopo l'installazione è necessario un costante monitoraggio sul campo, per avere quanti più feedback possibile.

Risparmio energetico, massima efficienza e basse emissioni: sono questi i parametri che devono guidarti nella scelta di un nuovo bruciatore (e non è detto che un combustibile biologico sia in grado di soddisfarli tutti). 

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